Google contro il governo cinese

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    La sfida del motore di ricerca alle autorità di Pechino: basta con la censura o ce ne andiamo

    La minaccia del motore di ricerca su Internet americano Google – basta con la censura o
    ce ne andiamo – ha rafforzato gli attriti tra Stati Uniti e Cina, con Washington che ha chiesto a Pechino di fornire spiegazioni.
    Denunciando una serie di attacchi di pirati informatici cinesi che hanno preso di mira i dissidenti cinesi e gli attivisti per i diritti umani Google ha affermato che sta considerando la possibilità di chiudere il proprio sito in cinese Google.cn e tutti i suoi uffici in Cina, nei quali lavorano circa 700 persone. È la prima volta che una compagnia straniera si oppone in modo così esplicito alle autorità cinesi, che non accettano limiti alla loro possibilità di controllare quali informazioni siano accessibili ai cittadini.
    Il segretario di stato americano Hillary Clinton ha detto «di aspettarsi una spiegazione» dal governo cinese. «La possibilità di operare con fiducia nel ciberspazio è di importanza cruciale in una società ed in un'economia moderne», ha aggiunto.
    Il governo cinese non ha finora risposto chiaramente alla presa di posizione di Google. Un funzionario dell'ufficio informazioni governativo ha detto all'agenzia Nuova Cina che le autorità «stanno cercando di ottenere maggiori informazioni» sulle intenzioni della compagnia americana. «È ancora difficile – ha aggiunto – dire se Google lascerà o no la Cina. Nessuno lo sa».
    Secondo il New York Times, che cita «fonti vicine all'indagine» condotta da Google, gli attacchi sono stati condotti la scorsa settimana contro 34 «compagnie o entità» che si trovano nella Silicon Valley in California, sede dei server di Google usati da molti cinesi che vogliono sfuggire alla censura. Il «grande muro di fuoco» dei controllori cinesi impedisce l'accesso non solo ai siti politici ma anche a popolari piattaforme sociali come Youtube, Facebook e Twitter. Rebecca MacKinnon, esperta di Internet in Cina, afferma che «Google ha subito negli ultimi mesi ripetute prepotenze e rischia di non poter garantire agli utenti la sicurezza delle sue operazioni». Google, che è la principale concorrente del più popolare motore di ricerca cinese, Baidu.com., è stata messa sotto accusa in Cina per motivi che vanno dalla «diffusione di materiale pornografico», all'uso senza autorizzazione dei testi di autori cinesi.
    La compagnia ha affermato che al momento attuale la sua permanenza o meno nel Paese è «irrilevante» dal punto di vista finanziario ma in prospettiva la rinuncia ad un mercato di 300milioni di utenti – tanti sono gli internauti cinesi – potrebbe costarle cara. Un dipendente locale di Google ha affermato di essere pessimista sul futuro: «se nessuna delle due parti cede – ha detto – sarà difficile arrivare ad un accordo». Il vicepresidente di Google David Drummond ha chiarito che «...nelle prossime settimane discuteremo col governo cinese della base sulla quale potremmo gestire un motore di ricerca senza filtri in accordo con la legge, se questo è possibile».
    Per ora, da Google.com sono accessibili tutti i siti «vietati» da Pechino, come quelli degli esuli delle minoranze etniche tibetana e uighura, compreso quello personale del Dalai Lama, il leader tibetano che vive in esilio ed è fortemente critico verso Pechino.
    Sui blog e i siti di discussione cinesi molti interventi sono critici verso Google ma sono numerosi anche coloro che si schierano dalla parte del sito web e contro la censura. La disputa su Google e sulla libertà di espressione in Cina viene ad aggiungersi agli altri problemi internazionali sui quali Washington e Pechino sono in rotta di collisione: dal clima dopo il parziale fallimento del vertice di Copenhagen ai programmi nucleari di Iran e Corea del Nord.









    Edited by La DEA del Web - 19/11/2010, 22:20
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